Storie sul comune di SULMONA

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Il Brigantaggio [ torna all'indice ] [ chiudi questa sezione ]

Il fenomeno del brigantaggio nasce in Abruzzo fin dal 1500, con le imprese di Marco Sciarra. La Majella, con le sue grotte, fitte faggete, valloni e precipizi, è stata al centro degli episodi più noti. L'epoca di massima espansione del fenomeno si ebbe subito dopo la conquista, da parte dei Piemontesi guidati da Garibaldi, delle regioni del Regno di Napoli, ossia fra il 1860 e il 1870, quando, dopo l'iniziale entusiasmo, iniziarono ad emergere i primi malcontenti. I Borboni avevano infatti dominato per secoli imponendo uno stato protezionistico e assolutistico e molto legato al clero. I Piemontesi introdussero invece leva obbligatoria, leggi anticlericali, libero commercio ma anche nuove tasse.

In Abruzzo la radice politica sembra esclusa in quanto si trattò soprattutto di un fenomeno malavitoso, derivato comunque dal malcontento dei contadini che vivevano da secoli nell'indigenza e nell'ignoranza. Già nel 1863 si erano costituite una decina di bande, armate di schioppi, revolver e stili, organizzate come veri e propri reparti militari (ogni componente aveva un segno distintivo in funzione del ruolo e del grado gerarchico).

Le prime notizie di brigantaggio a Sulmona risalgono al 1860: protagonisti principali furono i fratelli Felice e Giuseppe Marinucci e Antonio La Vella, alias Scipione, ex soldato dell'esercito borbonico.
La banda Marinucci-La Vella, detta anche dei Sulmontini, operò isolatamente nella Valle Peligna, fino al Bosco di Sant'Antonio e Pescocostanzo, ma non superò mai i 30 elementi. Si rese famosa per alcuni omicidi e innumerevoli furti.
La Vella fu catturato quasi subito, nell'ottobre del 1861. Felice rimase ucciso in un conflitto a fuoco nel 1862 e venne esposto sulla scalera dell'Annunziata con un cartello sulle gambe, a monito per i briganti locali. Giuseppe si costituì dopo una breve fuga e fu condannato a vent'anni di carcere. Tutti i componenti della banda furono processati e condannati nell'ottobre del 1863.

Molto attiva fu anche la Banda degli Introdacquesi, che ebbe come rifugio ideale i fitti boschi del monte Plaia, nonché le montagne fra Introdacqua, Scanno e Frattura. I capi storici furono Giuseppe Tamburrini, alias Colaizzo, Concezio Ventresca, alias Liborio, Pasquale Fontanarosa e Pasquale Del Monaco. Si resero protagonisti di estorsioni di denaro, pecore e asini, minacce, omicidi e sequestri di persona per un totale di più ben 61 reati (come risultò poi nel processo del gennaio del 1868).

A Pacentro fu molto attiva la banda capeggiata da Pasquale Mancini, alias il Mercante, diventato brigante dopo essere evaso dal carcere nei primi mesi del 1861. Alla sua morte Giovanni Di Sciascio, alias Morletta, di Guardiagrele, assunse il comando della banda, chiamata poi Banda della Majella: la compagnia di briganti più organizzata e tristemente famosa dell'intero Abruzzo. Si avvicendarono al comando vari briganti tra cui Domenico Di Sciascio, fratello di Giovanni, Salvatore Scenna, di Orsogna, e Nicola Marino, alias Occhi di uccello originario di Roccamorice.
La banda fu protagonista di numerosi saccheggi nei paesi di Pretoro, Pennapiedimonte, Caramanico, Salle, Guardiagrele, Palena e Tocco da Casauria (nel 1866). Altro componente della banda fu Angelo Camillo Colafella che l'11 gennaio del 1861 invase San Valentino, liberando dal carcere locale una quarantina di detenuti. Domenico Di Sciascio si unì successivamente a Domenico Valerio, alias Cannone, considerato il più famigerato dei briganti. La banda, con i suoi numerosi componenti, rimase attiva fino al 1868.

Infine, tra le bande più temibili e longeve (si sciolse solo nel 1871), può essere annoverata quella capeggiata da Croce di Tola, alias Crocitto, pastore di Roccaraso. Fu protagonista di numerosi misfatti ma in particolare era un abile autore di biglietti di ricatto (che ho riportato qui in calce) con i quali otteneva soldi, vestiti e generi alimentari, indispensabili al proprio sostentamento e a quello dei suoi gregari. Il 5 giugno del 1871 venne catturato vivo dal carabiniere Chiaffredo Bergia, condannato a morte per fucilazione nel 1872, pena poi convertita all'ergastolo. Questo arresto, insieme alla cattura nel 1871 di Primiano Marcucci di Campo di Giove, segna la fine del brigantaggio nella Valle Peligna.

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Il Medioevo [ torna all'indice ] [ chiudi questa sezione ]

La tradizione fissa nel III secolo l'avvento del Cristianesimo, come attesta un'iscrizione funeraria dedicata al neofita Peticius Habentius. Inizialmente il territorio peligno era costituito da un'unica grande diocesi, quella di Valva, a cui si aggiunse quella di Sulmona dopo controversie nate con il Capitolo di Corfinio. Tuttavia la prima notizia di un vescovo sulmonese risale al V secolo quando Palladio partecipò al primo sinodo romano indetto da papa Simmaco.

Il periodo più fecondo si ebbe, però, sotto la dinastia degli Svevi, che agirono a sostegno di Sulmona costringendo il Vescovo a porre la sua sede entro le mura della città.

Durante il regno di Federico II si ebbe la costruzione di eccezionali opere civili, come l'Acquedotto Medioevale, uno dei monumenti dell'epoca più importanti della nostra zona. Dal punto divista politico, Sulmona divenne Comune sotto i Normanni e, unita alla Marsica, costituì un'unica grande provincia. Federico II, grazie agli statuti di Melfi, promosse la città a capitale e sede della Curia di una delle grandi Province in cui divise la parte continentale del Regno.

Si trattava dell'unione della provincia peligna-marsicana, l' Aprutium, con la Diocesi di Forcona, la futura Aquila. Questo nuovo territorio, o regione, ebbe un suo toponimo preciso, quello di Abruzzo, derivato da una locuzione estensiva dei territori, ossia perché si trovavano "in partibus Aprutii" o "usque ad Aprutii fines", secondo la formula di investitura di Guglielmo I. Da allora solo il territorio abruzzese, a differenza delle altre regioni create da Federico II, non subirà nel corso dei secoli grandi cambiamenti territoriali.

Infine Sulmona fu sede del Giustizierato e di uno Studio di Diritto Canonico equivalente a quello di Napoli. Importantissima, inoltre, la disposizione per cui delle sette fiere annuali che si tenevano in sette città del Regno, la prima si svolgesse a Sulmona (" primae nundinae erunt apud Sulmonam") dal 23 Aprile all'8 Maggio. Insomma fu un periodo d'oro per la nostra città ma era destinato a non durare.

Alla fine del 1200 Sulmona seguì da vicino la vicenda dell'unico Papa dimissionario, fra' Pietro da Morrone, meglio conosciuto come Celestino V. Oltre alla vicenda più nota bisogna ricordare l'istituzione a Sulmona della congregazione monastica degli eremiti di San Damiano, poi detti Celestiniani. Sede degli eremiti è l'Abbazia Morronese, mentre la cella di Celestino è ancora visitabile nel vicino Eremo di Sant'Onofrio.

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Il Rinascimento [ torna all'indice ] [ chiudi questa sezione ]

La caduta degli Svevi portò all'avvento degli Angioini, che osteggiarono fieramente la nostra città, non perdonandole la fedeltà a Federico II e il successivo appoggio al giovane Corradino. Così Sulmona venne privata del Giustizierato e poi della facoltà di Diritto Canonico.
Nonostante tutto, nel Rinascimento si ebbe un'altro periodo di notevole splendore. Nel XIV secolo la città triplicò la sua superficie e si cinse di una seconda cerchia di mura e di ben sei porte.

Anche dal punto di vista culturale, Sulmona ebbe dei notevoli esponenti quali Barbato da Sulmona e Giovanni Quatrario, amico del Boccaccio e del Petrarca, il primo, e di Coluccio Salutati, il secondo. Sempre in questo secolo si costruì il Palazzo dell'Annunziata, dapprima asilo per orfani, poi ospedale e oggi uno dei simboli della città

Nel corso del XVI secolo nacque la famosa Scuola Orafa Sulmonese, i cui manufatti esponevano il prestigioso marchio SUL. Si ebbe la nascita dell'industria della carta e furono impiantati vari opifici lungo il Gizio. Anche il commercio ebbe una notevole crescita, grazie al mercato di stoffe preziose (la seta sermontina) e alla lana, di cui l'Abruzzo divenne il primo produttore in Europa. Un'autorevole testimonianza dei traffici che si svolgevano lungo la cosiddetta Via degli Abruzzi (che collegava Napoli a Firenze lungo l'Appennino) è quella di Leonardo da Vinci, che venne a Sulmona nel 1501 per accompagnare messere Paolo Trivultio, suo amico.
Per quanto riguarda le opere architettoniche bisogna ricordare la costruzione del Campanile dell'Annunziata che è ancora oggi la costruzione più alta della città, con i suoi 65.5 metri.

Alla fine del secolo, infine, fu introdotta l'arte della stampa, grazie al letterato e studioso ovidiano Ercole Ciofano. Vennero edite le opere di Ovidio e pubblicati i Capitoli della Giostra.

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La rivolta del 1929 [ torna all'indice ] [ chiudi questa sezione ]

Alla fine dell' estate del 1929 l'economia dell'Italia, e conseguentemente quella della nostra città, non era delle più rosee. I contadini, che dalla terra ricavavano con gran fatica il loro sostentamento, dovevano anche sopportare una notevole quantità di tasse e dazi da pagare per il trasporto all'interno delle mura di uva, patate, grano, legumi e quant'altro. Inoltre la particolare conformazione di Sulmona rendeva ancora più gravosa la situazione: infatti il sistema murario medioevale si manteneva ben conservato e rendeva facile il controllo da parte dei daziari di chi entrava o usciva, visti i passaggi obbligati attraverso le numerose porte cittadine.

La situazione arrivò così ad un punto di rottura e i contadini della zona di Sulmona decisero di riunirsi in una commissione contadina, la quale venne accolta dal commissario prefettizio , che si mostrò disponibile, al di là di ogni attesa, ad un alleggerimento delle tasse. Ma alle parole non seguirono i fatti; anzi una sera le donne, rientrando dentro le mura, ricevettero una nuova richiesta di pagamento: questa volta si trattava del trasporto delle cannizze, piccoli fasci di legna usati per fare il fuoco in casa.

Ben presto il malumore si sparse e, una mattina di buon'ora, un gruppo di contadini armati di zappe, forconi e bastoni si avviarono, decisi a risolvere la situazione, verso Porta Pacentrana. Qui si trovava una delle garitte di legno che ospitavano i daziari. La folla inferocita, decisa a farsi giustizia da sola, prese la garitta scaraventandola lungo la discesa, in fondo al fiume Vella.

La protesta non finì qui perché, in rapida sequenza, la folla distrusse le garitte di Porta Japasseri e quella di San Panfilo, che controllava l'accesso da via della stazione. Il corteo, ormai inarrestabile, si ingrossò e in mezza giornata tutti gli altri posti daziari sparsi lungo le mura vennero distrutti.

Ultima missione della folla divenne il commissario prefettizio, fortunatamente protetto dalle esigue forze dell'ordine. Preso in mezzo, venne portato a forza in stazione e rispedito immediatamente all'Aquila. Alle undici il corteo si sciolse e la rivolta finì. Anche le garitte daziarie e le tasse da pagare sparirono ma il regime mal tollerò una simile rivolta, che ebbe grande risonanza a livello politico. A causa della ribellione la città, ormai presa di mira, non venne più appoggiata per la nomina a nuova provincia. Per motivi diversi ancora oggi a Sulmona e in Abruzzo esiste una "questione provincia" mai risolta, che vede la nostra città penalizzata.

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Moti popolari di Sulmona [ torna all'indice ] [ chiudi questa sezione ]

I sulmonesi sono sempre stati una popolazione laboriosa e paziente ma ciononostante sono stati diversi gli episodi in cui essi non sono riusciti a sopportare le angherie del "potere costituito": in particolare nel recente passato furono i due seguenti:

  • nel 1957, la classica goccia che fece traboccare il vaso, fu rappresentata dal trasferimento del Distretto Militare a L'Aquila (la rivale di sempre);
  • mentre nel 1929 dall'introduzione della gabella sulle "cannizze" (una nuova tassa sulle fascine di sterpaglie che le contadine portavano in città per farne del fuoco). In questo secondo caso, i contadini esasperati distrussero praticamente tutte le "garitte" dei dazieri (guardie addette alla riscossione delle gabelle) esistenti lungo la cinta muraria. (vedi E. Mattiocco "Sulmona ieri" pagg. 101-104).

In margine ai moti del 2 e 3 febbraio 1957, mi fa piacere poter riportare un componimento in dialetto locale che ho ritrovato nei miei carteggi. Si tratta di una copia che il mio amico, e direttore didattico Dr. Enea Di Janni, ha riportato nel maggio del 1998, dalla viva voce di coloro che parteciparono agli eventi (e che nel frattempo erano diventati i genitori - o meglio i nonni - dei suoi alunni).

Jamm' mo' !!!

(Ovvero "Le tre jurnate de Sulmone")

Stu guverne, dorme dorme,
passe uogge pe' demane
sole nghe le bomb' ammane
le putemme resbià!

Pe' piarce mo' pe fesse
Ce facirene la prumesse
C'a Sulmone lu Destrette
Nun l'avriene cchiù levate

Ma se l'hanne po' purtate,
ste fetiente sbrevugnate!
A sta belle futteture
Che ce porte tante danne,
la pacienza da tant'anne
s'è perdute adderetture!

E de sere e de matine
Senza tante meravije
S'hanne viste i sulmuntine
Pe' tre juorne senza brije!

T'hanne fatte la battajje
Nghe la stupeta sberraje
Ca la cucce ha auta fa
Dentre e fore a sta cettà.

I celerine strafettente
Mo se l'hanna recurdà
Chesta bella lezzione
Recevute da Sulmone,

La miserie de la vite
Mo' l'avessa fa pentì,
stu guverne tante cane
c'a lu puoste de le pane
te fa dà manganellate
a lu povere affamate!

Al componimento segue la seguente nota esplicativa di Enea:
"Componimento anonimo, emerso del popolo sulmontino durante le famose giornate di "Jamm'mo'!" del 2 e 3 febbraio 1957. Sia la scrittura che il tipo di verso "l'ottonario" riflettono proprio la caratteristica delle composizioni popolari. Sull'argomento è stato scritto da M. Padula un volumetto edito postumo, nel 1986, da Di Cioccio, a cura di M. Calore, F. Maiorano e V. Monaco e intitolato "Jamm'mo'"."

Franco Pallozzi

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nascita e l'età romana [ torna all'indice ] [ chiudi questa sezione ]

Sulmona - SMPE (Sulmo Mihi Patria Est)Gli antichi scrittori, tra i quali Ovidio e Silio Italico, concordano sulla remota orgine di Sulmona, ricollegabile alla distruzione di Troia. Il nome della nostra città, infatti, deriverebbe da Solimo, uno dei compagni di Enea.
Le prime notizie storiche, però, ci giungono da Tito Livio che cita l'oppidum italico e narra come la città, nonstante le battaglie perse del Trasimeno e di Canne, rimase fedele a Roma chiudendo le proprie porte ad Annibale.

Sulle alture del Monte Mitra si hanno testimonianze archeologiche dell'oppidum, uno degli insediamenti fortificati più grandi dell'Italia Centrale. Si tratta di una zona, posta più in alto della sede attuale della città, che assunse la sua posizione tra i due fiumi Gizio e Vella solo nel periodo romano. La valle Peligna, sede della vera e propria urbs deriva il suo nome dal greco "peline"= fangoso, limaccioso. Infatti, in età preistorica, la conca di Sulmona era occupata da un vastissimo lago; in seguito a disastrosi terremoti la barriera di roccia che ostruiva il passaggio verso il mare dell'acqua crollò: in compenso il terreno rimase fangoso e fertile.

Sulmona - statua di Ercole CurinoDurante l'epoca romana, Sulmona fu la sede di uno dei tre municipi peligni assieme a Corfinium e Superaequum. Nell' 81 a.C. si ha il secondo avvenimento narrato dagli storici, ossia la distruzione della città da parte di Silla, a seguito della ribellione per ottenere l'integrale applicazione della "Lex Cornelia de Suffragiis". Dopo 32 anni, però si ebbe la rinascita, con la costituzione di una guarnigione pompeiana, che dovette arrendersi, per l'ennesima rivolta dei sulmonesi, a Marcantonio, inviato da Cesare.
Ma la data storica per Sulmona è il 43 a.C., anno di nascita dell'illustre poeta latino Publio Ovidio Nasone, il cantore dell'amore e delle Metamorfosi, poi esiliato a Tomi, in Romania dall'imperatore Augusto. Dalle iniziali del celebre emistichio "Sulmo Mihi Patria Est" la città ha preso le iniziali del suo stemma "S.M.P.E.".

Le tracce della Sulmona romana sono riemerse dagli scavi nel Tempio di Ercole Curino, posto ai piedi del monte Morrone in cui, secondo un'antica leggenda, vi sarebbero i resti della villa di Ovidio. Le ricerche hanno portato alla luce una copia in bronzo rappresentante l' "Ercole in riposo", oggi custodito nel Museo Archeologico di Chieti. Si tratta di un bronzetto, dono di un mercante, databile intorno al III secolo a.C., rappresentante l'eroe appoggiato col braccio sinistro sulla clava da cui pende una pelle di leone: viene considerato uno dei capolavori della piccola plastica antica. Oltre all'Ercole, sono stati ritrovati materiali architettonici e immagini votive. Infine su una colonna sono stati individuati due eleganti versi firmati "OVIDIUS" che si suppone siano stati vergati sul marmo dal nostro poeta.

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storia recente [ torna all'indice ] [ chiudi questa sezione ]

Il '600 fu un periodo di spenta vita sociale, in cui l'unico esempio di vitalità fu la partecipazione della città alla ventata rivoluzionaria di Masaniello: ma dopo breve tempo i nobili ripresero il controllo e i capi della rivolta vennero giustiziati.

Sulmona - logo Giostra CavallerescaNel 1656 fu anche dismessa la Giostra Cavalleresca che si teneva due volte l'anno per "mancanza e disapplicazione dei cavalieri", oltre che per la terribile peste: fortunatamente la manifestazione è rinata nel 1995, sebbene aggiornata per i nostri tempi.
Ma il '600 fu anche il secolo in cui le chiese sulmonesi vennero dotate degli organi di tipo italiano opera di organari locali, tra i quali Marino e Vincenzo da Sulmona, che realizzarono in San Pietro a Roma l'organo della Cappella Gregoriana.

Nel 1706, poi, ci fu un disastroso terremoto che distrusse l'intera città e che risvegliò la cittadinanza. L'ottocento, così, segnò un nuovo periodo di rinascita, in cui il nodo ferrovario sulmonese, grazie alla sua strategica posizione, ebbe notevole sviluppo e con esso si ebbe una eguale crescita economica e demografica.
Tra il 1860 e il 1870 Sulmona e l'intero Abruzzo vissero un periodo di paura legato all'espansione del brigantaggio, a cui ho dedicato un capitolo a parte.
Al 1870 risale invece la costituzione della Banda Municipale di Sulmona, che arriverà, nel 1932, ai massimi livelli nell'ambito nazionale.

Nel 1889 nacque un'altra grande personalità della città, Giuseppe Capograssi, insigne studioso di Filosofia del Diritto. Insegnò e divenne rettore di molte università, tra cui quella di Roma, e poco prima della morte venne nominato membro della Corte Costituzionale. Ricordiamo, oltre alle opere di diritto, una raccolta di piccoli pensieri e considerazioni, i "Pensieri a Giulia", da cui ho preso alcuni passi trascritti in fondo alla pagina.

Il '900 è stato caratterizato da periodi di alterna fortuna, tra i quali vale la pena ricordare la costruzione nel '50 del Teatro Comunale, la ricostruzione dello storico Cinema Pacifico e la rinascita della già citata Giostra, nonché il passaggio del Giro d'Italia nel 1911, evento che si è ripetuto, fino ad oggi, ben sei volte.

Durante la seconda guerra mondiale Sulmona subì gravissimi danni e, vista la sua posizione al ridosso della linea Gustav, vide lo spopolamento di tutta la zona sud (dalla Majella occidentale alla zona dell'alto Sangro). Inoltre la città venne bombardata con particolare violenza in quanto nodo viario e ferrioviario strategico per l'intero Abruzzo. Nonostante tutte le avversità si colgono i primi segni di rinascita a partire dalla visita del primo Presidente della Repubblica Enrico De Nicola nel novembre del 1946. Inoltre venne ricostruita una zona della città completamente distrutta e ricostituito l'Archivio di Stato, sottratto dal regime fascista per vendicarsi della rivolta contadina del 1929, grazie alla quale vennero tolti i pesanti dazi applicati su ogni genere di mercanzia trasportata all'interno delle mura.

Un episodio di ribellione nei confronti delle istituzioni si ripeterà dopo pochi anni con lo Jamm' mo' del 1957: il malcontento questa volta nacque dalla sottrazione di importanti uffici amministrativi e del Distretto Militare, nei confronti di una città che da anni cercava (e cerca ancor oggi) di diventare capoluogo di provincia.

[fonte]

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SULMO [ torna all'indice ] [ chiudi questa sezione ]

Il centro storico di Sulmona conserva le tracce di una città più antica, i cui resti giacciono a circa un metro e mezzo al di sotto delle strade e delle pavimentazioni attuali. Duemila anni fa, sul pianoro lambito dal Vella e dal Gizio, abitavano i cittadini del municipium romano di Sulmo.

La città più antica fu rinnovata in epoca romana (metà del I sec.a.C.) in base ad un progetto (forma) che scandiva regolarmente la divisione tra spazi pubblici, con piazze, strade, templi, edifici per il governo (curia e basilicae) e spazi privati. Le abitazioni (domus) erano raggruppate in isolati delimitati da strade che formavano un reticolo quasi regolare, molto simile nell‘aspetto generale a quello che caratterizza oggi Sulmona. Scavi ottocenteschi e indagini archeologiche recenti hanno però verificato finora in un solo caso la perfetta coincidenza di un asse viario antico (decumanus) con una strada moderna (via Ciofano): per il resto il reticolo stradale antico era impostato su una misura modulare (l‘actus) che non corrisponde perfettamente alla scansione attuale di case e vie. Lo stesso Corso Ovidio, sempre ritenuto il "cardine" della città nelle varie epoche della sua esistenza, non ripercorre esattamente la sede stradale del cardo di età romana.

Gli scavi recenti hanno reso possibile visitare i resti di due edifici di età romana all‘interno del Palazzo della SS. Annunziata (museo della domus) e della chiesa di San Gaetano. Le ricerche finora compiute e gli scavi occasionali effettuati dalla fine dell‘Ottocento hanno infatti interessato siti in cui insistevano per lo più abitazioni: le notizie di rilievo si riferiscono al rinvenimento di mosaici, che spesso sintetizzano con la loro evidenza la presenza di un‘ "altra" città sottostante quella moderna. Le indagini archeologiche permettono anche di ipotizzare un‘antica struttura urbana che oggi non è più visibile, perché altri edifici e altri spazi pubblici si sono sovrapposti nel tempo alle case e agli spazi della città di età romana. Della città antica restano anche le epigrafi, che tramandano la presenza di collegi sacerdotali per il culto di Cerere e Venere, di magistrati (i quattuorviri municipali) dei cives e della plebs, di uno scriba rei publicae e dei seviri Augustales, mentre lo scenario cittadino ricostruibile dalle iscrizioni è limitato ad un locum publicum, ad un edificio vetustate dilapsum, e animato dal vociare dei ludi circenses.Sulmona - possibile posizione dell'antico anfiteatro

A Sulmona non restano altro che ipotesi sulla ubicazione dei monumenti pubblici che caratterizzavano le città romane, come ad esempio il teatro, l‘anfiteatro, il circus, la curia, il capitolium, le basiliche, il forum.

Per l‘individuazione del sito del teatro, una recente ipotesi prende spunto dal rinvenimento di una poderosa muratura in opera quasi reticolata su cui ancora si attestano gli edifici prospicienti su via Manlio D‘Eramo: i limiti costruiti del giardino retrostante, relativo al Palazzo Mazara, delineano una struttura a emiciclo aperta verso sud-ovest e addossata al forte dislivello del pianoro su cui insiste il centro storico.

Per l‘individuazione del sito dell‘anfiteatro, la fotografia aerea induce a ipotizzare la presenza di tale struttura nella forma ellittica di un isolato posto a Nord del centro storico, che risulterebbe, nella città antica, addossato alle mura.

Per gli studi di topografia hanno sempre rivestito grande interesse gli spazi inedificati posti ai due estremi dell‘abitato, che hanno sempre conservato una funzione commerciale e ludica: a sud piazza Garibaldi, sede del mercato, a nord la "villa comunale".

Nel primo caso, la Piazza Maggiore della città rinascimentale, è stata riconosciuta la possibilità della presenza di un campus, luogo in cui ci si allenava in esercizi ginnici e ci si addestrava alle operazioni militari. Il rinvenimento in questa zona, presso la Fontana del Vecchio, di una iscrizione mutila recante le lettere CIRCV, fa pensare alla identificazione dell‘area con il sito dell‘antico circo; d‘altro canto le dimensioni del pianoro settentrionale esterno alla cinta urbica, attuale sede dei giardini pubblici, coincidono con le misure canoniche di un circus (70 x 350); pertanto diversi studiosi hanno localizzato qui l‘edificio del circo, destinato alle corse dei cavalli, con bighe e quadrighe, e ad altri spettacoli equestri e venatori.

Tempio di Ercole Curino

Sulmona - resti del Tempio di Ercole (1)Il Santuario si apre poco al di sotto del piazzale del belvedere. Si tratta di uno spazio sacro di epoca preromana consacrato ad Ercole, il cui culto era diffuso tra le genti peligne. Nel II secolo d.C. fu sepolto da frane e il sito fu abbandonato fino a quando fra' Pietro da Morrone, il futuro Celestino V, vi costruì una chiesa detta di S. Maria "in gruttis". Poi attorno alle rovine nacque l'insediamento di Fonte d'Amore in onore del poeta Ovidio. Infatti il santuario veniva erroneamente attribuito al poeta: si pensava che i resti del tempio fossero i resti della "Villa d'Ovidio".

Sulmona - resti del Tempio di Ercole (2)

Oggi invece si sa con esattezza che si trattava di un tempio, sia dai ritrovamenti di iscrizioni, graffiti e statuette, che dal più importante ritrovamento: il bronzetto di Ercole in riposo, oggi esposto nel museo archeologico nazionale di Chieti.

Si tratta di un bronzetto, dono di un mercante, databile al III secolo a.C., rappresentante l'eroe appoggiato col braccio sinistro sulla clava da cui pende la pelle di leone, che è considerato uno dei capolavori della piccola plastica antica e replica d'autore del grande scultore Lisippo.

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